SPARARE A MARTIN LUTHER KING O A CHARLIE KIRK E’ LA STESSA COSA?

Piergiorgio Odifreddi ha sostenuto, a “L’aria che tira” su La7, che sparare a Martin Luther King o ad un attivista Maga non è la stessa cosa. Questa frase è condivisibile?

Forse è necessario circostanziare. Ogni vita persa è sempre una tragedia e non si può esultare per la morte di un uomo, chiunque egli sia, indipendentemente da ciò che rappresentava o sosteneva.

Tuttavia io ho pianto per la scomparsa di Martin Luther King o di John Lennon (persone che propugnavano la pace e la fratellanza tra le persone) ma, pur essendo vicino alla moglie ed ai figli, non piangerò per la scomparsa di Charlie Kirk, fondatore di Turning Point USA e volto della nuova destra di Trump, ucciso da un cecchino durante un incontro alla Utah Valley University.

Kirk ha costruito la sua carriera trasformando l’odio in linguaggio politico, ha giustificato il genocidio palestinese definendolo “autodifesa” (tanto che persino alcuni circoli sionisti, negli ultimi mesi, avevano iniziato a prendere le distanze) ha parlato di lapidazione per gli omosessuali, invocato la segregazione razziale per i neri. Ha cavalcato l’imbarbarimento politico, civile e culturale che Donald Trump ha sdoganato finendo schiacciato dalla stessa spirale di odio che ha contribuito a creare.

Charlie Kirk sosteneva che qualche morto in più valesse la pena per poter esercitare il diritto di avere un’arma per difendersi. Chissà se aveva messo in conto di poter essere uno di quei morti.